La Casa del Collegio di Spagna è un collegio universitario per studenti spagnoli istituito in epoca medievale presso l’Università di Bologna, certamente il più famoso tra i ventiquattro fondati fra il XIII e il XVII secolo. È il più antico collegio al mondo aperto a studenti stranieri.
L’istituzione gode dei privilegi che derivano dal suo status di extraterritorialità.
Storia di Casa del Collegio di Spagna
Il collegio fu voluto nel 1364 dal cardinale Egidio Albornoz (1310-1367) per ospitare studenti fuori sede dello Studium bolognese e fu costruito fra il 1365 e il 1367 grazie al suo lascito testamentario (29 settembre 1364). La Casa del Collegio di Spagna fu preso a modello per quelli che saranno costruiti in seguito, per svolgervi analoghe funzioni, nell’Università di Salamanca, come il Colegio Viejo (o Colegio Mayor de San Bartolomé) del 1401, e quelli che sorgeranno in altre università spagnole fra il XV e il XVI secolo.
Fra gli studenti di rilievo che il collegio ha ospitato vi sono Antonio de Nebrija, Ignazio di Loyola, Pietro d’Arbués, e Miguel de Cervantes. Nel 1530 vi fu ospitato Carlo V d’Asburgo per quattro mesi, in occasione della sua incoronazione a imperatore (avvenuta nella basilica di San Petronio).
Architettura
Progettato da Matteo Giovannelli, il collegio è strutturato a due piani con un cortile centrale porticato attorno al quale sono distribuiti i locali e che conduce alla Chiesa gotica di san Clemente.
Le camere degli studenti si affacciano sulla parte esterna, con struttura fortificata provvista di merli; la facciata esterna fu successivamente rimodellata in stile rinascimentale.
Questa struttura di difesa del territorio privato rende chiaro lo scopo del collegio: avere una relativa autosufficienza rispetto alla città. I collegiali seguivano persino alcuni corsi dentro il collegio “donde se leen las Cathedras, una de Theologia, otra de Canones, otra de Leyes”.
Il palazzo ha un pregevole portale del 1525, opera di Andrea da Formigine.
Nel portico era presente un affresco di Annibale Carracci in pessime condizioni di conservazione. Vi sono inoltre due affreschi di Bartolomeo Ramenghi (detto anche Bartolomeo da Bagnacavallo) mentre quello di Camillo Procaccini, contenuto nell’abside della cappella di san Clemente fu distrutto nel 1914. Nella cappella è presente un pregevole polittico di Marco Zoppo.
Nel 2011 è terminato un lavoro di restauro durato oltre trent’anni, che ha eliminato le superfetazioni “falso gotiche” e ha restituito pregevoli affreschi. Notevole la “Madonna dell’umiltà” dipinta alla fine del Trecento da Lippo di Dalmasio.
Dagli statuti del collegio (si sono salvati quelli risalenti al 1558) si deduce che erano ospitati fino a una trentina di studenti spagnoli, di età non inferiore ai 21 anni, cristiani (senza avi eretici, ebrei o musulmani).
Studenti e sodales scholastici (cioè discenti) erano tenuti a una disciplina molto rigida: presenziare ai pasti, rientrare a sera, non accogliere donne. Gli studenti potevano vestire con abiti di panno nero e cappuccio di panno morello, erano vietate stoffe preziose e di altri colori. Le punizioni per non aver rispettato le regole consistevano da una dieta a pane e acqua fino all’espulsione. Il cibo era abbondante (pane, vino, 450 g di carne di vitello), ma – pare – spesso servito freddo (perché i locali della cucina erano lontani dalla mensa).
Rappresenta l’unico collegio medievale che sia sopravvissuto come tale nell’Europa continentale. Nel XX e XXI secolo, il Real Colegio de España en Bolonia è gestito come istituzione privata che non riceve sovvenzioni e contributi pubblici di alcun tipo. Ospita studenti dottorali selezionati nelle università spagnole con un concorso su basi meritocratiche: i beneficiari dell’ospitalità del collegio sono conosciuti nel mondo accademico iberico come «bolonios». L’istituzione organizza anche attività accademica e culturale, tra cui seminari e congressi, oltre a concerti di musica ed eventi sociali.
All’interno della Casa del Collegio di Spagna è ospitata una biblioteca in cui sono custoditi anche numerosi codici miniati, resi disponibili in riproduzioni digitali ad alta risoluzione.